LIMBIATE (MI)

INTO THE BRAIN

Dettagli del progetto

  • Autore degli scatti
    Ivan Melzi
  • Location
    Ex Ospedale Psichiatrico Mombello
  • Anno
    Dicembre 2012
  • Reflex
    Nikon D700
  • Ottiche
    Nikon 14-24 f=2.8 - Nikon 24-70 f=2.8

Raccontare Mombello

La mostra fotografica ha lo scopo di restituire memoria storica a quei luoghi ormai abbandonati, che hanno segnato la storia della psichiatria e dei malati, trattati prima con l’utilizzo delle violente tecniche di contenimento come camice di forza, elettroshock e poi con psicofarmaci e lo shock insulinico.

Immagini crude e toccanti in grado di raccontare la storia di chi ha sofferto la reclusione e la tortura senza aver colpa, l’umiliazione e l’allontanamento dalla vita. È un luogo ricco di storia ma anche di realtà oscure e drammatiche, storie nascoste dietro le porte divelte e di lunghi corridoi avvolti nel buio dell’oblio, storie tatuate sui muri sporchi di lacrime e disperazione. Nessuno può dirsi normale. Specie se messo in condizioni di non esserlo. Per questo, a tanti è toccata in sorte ‘una vita trascorsa senza vivere’.

01 - Possibili allestimenti della mostra

02 - Valutazione di location in diversi punti della città

Un luogo senza tempo

“Ho calpestato i pavimenti di uno di quei posti che difficilmente puoi dimenticare. È una struttura fatiscente ciò che rimane dell’ospedale psichiatrico più grande d’Italia e forse d’Europa. L’ospedale psichiatrico G.Antonini è un luogo estremamente suggestivo dove permane un’atmosfera impercettibile di qualcosa che incombe e osserva…”

Il processo di “spersonalizzazione” nell’istituto avveniva dal primo momento. All’ingresso il “malato” veniva privato dei propri indumenti e degli oggetti personali. Tutti uguali come sagome, tutti ugualmente malati, tutti soggetti alle stesse cure. Paranoia, malinconia, traumi post-guerra, sofferenze amorose, fobie, epilessia, alcolismo, vivacità, idiozia, demenza, omosessualità, povertà: tutto ciò che la Società non era pronta a “capire” veniva riconosciuta “patologia” dalla psichiatria dell’epoca. Poco importavano le origini del problema, unica soluzione: isolarlo e placarlo. La struttura era come un grande contenitore dove la società vi abbandonava senza rancore, ma anche senza amarezza e senza speranze, tutti quei disgraziati che con le loro stranezze compromettevano la quiete pubblica. L’internamento era l’unica soluzione per tutti. I degenti venivano suddivisi in diverse categorie: sudici, tranquilli, semi-agitati, agitati e furiosi. La scarsa igiene e il sovraffollamento diventarono presto un grave problema.
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018
  • INTO THE BRAIN - RACCONTARE MOMBELLO
    © Ivan Melzi 2018

    LA STORIA

    La Villa, ricostruita nel 1754 dall’architetto Francesco Croce sul leggendario castello medievale dell’antica famiglia feudale dei Pusterla, e poi dei Crivelli, architetti militari, ospitò anche il re delle Due Sicilie, Ferdinando IV, oltre a Napoleone quando vi risiedevano la madre Maria Nunziata, e le tre sorelle, Carlotta, Elisa e Paolina che, il 14 giugno 1797, proprio lì sposò il generale Leclerc. Dopo essere passato attraverso il dominio delle più prestigiose famiglie lombarde dai Carcano, agli Arconati, che ne arricchirono il patrimonio artistico, il palazzo divenne, nel 1865 una casa di cura per malati di mente. Nel 1932 la struttura arrivò ad avere più di 3000 pazienti, attirandosi l’appellativo di «colosso dei manicomi italiani», tra cui il figlio illegittimo di Mussolini di cui si parla anche nel film di Marco Bellocchio, Vincere. Dopo la legge Basaglia del 1978, l’intera struttura venne definitivamente abbandonata e i malati furono gradualmente dimessi. Dal degrado si sono salvati Villa Crivelli, attuale sede dell’ Istituto tecnico agrario, le palazzine che ospitano l’Istituto commerciale per periti aziendali e il «Corberi», una casa d’ accoglienza per malati psichici gravi. Gli altri edifici non godono invece di buona salute.

    OBBIETTIVO DEL PROGETTO

    Sviluppare una sorta di museo, oppure utilizzare queste aree per visite guidate, laboratori artistici, teatrali e fotografici, spazi per eventi, esposizioni artistiche. È un enorme potenziale lasciato al completo degrado e questo è un vero peccato. Andrebbe visto come un enorme “laboratorio” dove, in caso positivo, replicarlo anche per altre strutture simili, chiaramente a questo se ne dovrebbe occupare la Regione, l’impegno economico sarebbe notevole…. Vediamo nel nostro piccolo quello che riusciremo a fare con l’impegno di tutti, per NON DIMENTICARE MAI.

    RACCOLTA FONDI PER L'EVENTO

    I fondi raccolti con questa campagna andranno a finanziare:
    A) - stampa fine art delle foto su vari supporti tra cui l’alluminio
    B) - affitto location, trasporti ed allestimenti, rinfresco inaugurazione evento
    C) - realizzazione e stampa del catalogo cartaceo oppure in alternativa DVD interattivo contenente foto e video dell’evento
    D) - grafica e stampa di cartoline, locandine e manifesti, ufficio stampa e comunicazione sui social
    E) - creazione sito web sulla storia di Mombello e sugli eventi e mostre che si terranno nel corso dell’anno, con le testimonianze di ex pazienti e cittadini che lavoravano come medici, infermieri, assistenti sociali; inoltre soluzioni e progetti su come recuperare queste aree dismesse. Spero vivamente che qualcuno mi possa aiutare, non solo economicamente, nella realizzazione di questo progetto, replicabile anche in varie città della Lombardia. Per info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

    Call +39 3319937246
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    FOTOCREATIVE   BY IVAN MELZI - FINE ART PHOTOGRAPHER